02 Ott Circolare Mensile – Ottobre 2017
DENUNCIA INFORTUNI
(L. 19 del 27.02.2017 – D. Lgs. 151 del 14.09.2015 – INAIL, Sito Internet)
Come anticipato dalla nostra comunicazione di marzo c.a., a decorrere dal 12 ottobre 2017 tutti i datori di lavoro (ivi compresi i datori di lavoro privati di lavoratori assicurati presso altri Enti o con polizze private e i soggetti abilitati ad intermediazione) hanno l’obbligo di comunicare all’ INAIL, entro 48 ore dalla ricezione del certificato medico da parte del lavoratore interessato, i dati relativi agli infortuni che comportano un’assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell’evento.
Resta inteso che nulla è cambiato in tema di denuncia di infortunio per gli infortuni sul lavoro che prevedono un’assenza dal lavoro superiore ai tre giorni.
Sanzioni:
a) il mancato rispetto dei termini previsti per l’invio della comunicazione d’infortunio di un solo giorno a fini statistici e informativi determina l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da €. 548,00 a €. 1.972,80.
- b) il mancato rispetto dei termini previsti per l’invio della comunicazione d’infortunio nel caso di infortuni superiori ai tre giorni comporta l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da €. 1.096,00 a €. 4.932,00.
Istruzioni operative: il lavoratore, in caso di infortunio, deve fornire al datore di lavoro i riferimenti del certificato medico, ovvero il numero identificativo, la data di rilascio e i giorni di prognosi indicati nel certificato stesso.
Nel caso in cui il lavoratore non disponga del numero identificativo del certificato sarà tenuto a fornire al datore di lavoro il certificato medico in forma cartacea.
WELFARE AZIENDALE
(Agenzia delle Entrate, Direzione Regionale della Lombardia, Interpello n. 904-791/2017 del 28.07.2017)
A seguito di un quesito posto da un contribuente relativamente al varo di un Piano Welfare a carattere premiale ed incentivante rivolto a tutti i propri dipendenti, la Direzione Regionale dell’ Agenzia delle Entrate della Lombardia ha sancito che, nella fattispecie in esame, sussistono i presupposti per escludere totalmente da imposizione sul reddito di lavoro dipendente il valore dei servizi offerti ai propri dipendenti in quanto rientranti nelle fattispecie di esenzione di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 51 del TUIR.
Quanto sopra, a condizione che il budget assegnato, in caso di non utilizzo, non possa essere convertito in denaro e rimborsato al lavoratore dal momento che l’esenzione da imposizione in esame è riferibile unicamente alle erogazioni in natura e non si può in alcun modo estendere alle erogazioni sostitutive in denaro.
Sono da considerarsi escluse dai benefici fiscali in esame tutte le erogazioni di somme, anche indirette, da parte del datore di lavoro che possono consistere in rimborsi o anticipazioni di spese sostenute dal dipendente o dai suoi familiari.
Infatti, le modalità di utilizzo di un budget figurativo per la fruizione dei servizi del Piano Welfare, attraverso una piattaforma informatica, non contrasta con le finalità della norma, ferma restando la disponibilità delle somme verso un gruppo omogeneo di dipendenti (qualora l’offerta dell’azienda sia rivolta ad personam oppure consenta di trarre dei vantaggi soltanto ad alcuni e ben individuati lavoratori, non viene riconosciuta l’applicazione delle disposizioni agevolative in esame tassativamente previste).
A titolo informativo si ritiene opportuno precisare che la società istante mette a disposizione dei propri lavoratori una specifica piattaforma web personalizzabile che consentirebbe alla generalità di essi la fruizione integrata e flessibile del basket di servizi previsti dal medesimo Piano Welfare attraverso l’assegnazione di un budget di spesa “figurativo” (c.d. “credito welfare “) per ogni dipendente, da utilizzare secondo le proprie necessità ed esigenze totalmente a carico del datore di lavoro e non rimborsabile (non convertibile in denaro), pari ad un importo annuo proporzionale agli obiettivi raggiunti.
INTERVENTI GIURISPRUDENZIALI
(Corte di Cassazione, Sez. Civile, sentenze nn. 25188 del 07.12.2016, 25553 del 13.12.2016, 25553 del 13.12.2016, 26467 del 21.12.2016, 54 del 03.01.2017 e 1180 del 18.01.2017)
Analogamente a quanto fatto nelle precedenti comunicazioni, proseguiamo con la disamina degli interventi della Corte di Cassazione in tema di gestione del rapporto di lavoro.
In particolare, vale la pena evidenziare le seguenti massime che si riportano pressoché integralmente:
- in materia di licenziamenti collettivi, tra imprenditore e sindacati può intercorrere, secondo quanto indicato dalla L. 223/1991, 5 un accordo inteso a disciplinare l’esercizio del potere di collocare in mobilità i lavoratori in esubero, stabilendo criteri di scelta anche difformi da quelli legali, purché rispondenti a requisiti di obiettività e razionalità, tali da non consentire tuttavia alcuna discrezionalità per l’impresa di scegliere i lavoratori da licenziare; così, ad esempio, l’adozione, nell’accordo sindacale raggiunto in procedura di consultazione, dell’unico criterio di scelta relativo alla prossimità del lavoratore al pensionamento è legittima, a meno che tale criterio non permetta l’esauriente e univoca selezione dei lavoratori destinatari del licenziamento e, quindi, non risulti applicabile senza margini di discrezionalità da parte del datore di lavoro;
- la regola fissata dalla L. 223/1991, art. 5, in base alla quale i criteri di selezione del personale da licenziare debbano essere osservati in concorso tra loro, se impone ai datore di lavoro una valutazione globale dei medesimi, non esclude tuttavia che il risultato comparativo possa essere quello di accordare prevalenza ad uno di detti criteri e, in particolare, alle esigenze tecnico – produttive (essendo questo il criterio più coerente con le finalità perseguite attraverso la riduzione del personale) sempre che, tuttavia, una scelta siffatta trovi giustificazione in fattori obiettivi, la cui esistenza sia provata in concreto dal datore di lavoro e non sottenda intenti elusivi o ragioni discriminatorie;
- nei licenziamenti collettivi la carenza di una puntuale indicazione non tanto dei criteri di scelta utilizzati (che erano quelli legali), quanto piuttosto delle modalità con cui sono stati concretamente fatti interagire i suddetti criteri non consente di conoscere esattamente tutti gli elementi in base al quale viene formulato un punteggio per ciascun lavoratore, impedendo l’esaustiva valutazione e controllo dell’applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da parte delle organizzazioni sindacali;
- nelle ipotesi di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo la legittimità del licenziamento è condizionata alla sola verifica della effettività della esigenza di riduzione del personale e del rapporto di causalità tra tale esigenza ed il licenziamento concretamente operato, sicché una questione di comparazione tra diversi lavoratori si pone nei soli casi in cui la esigenza di riorganizzazione aziendale sia potenzialmente riferibile ad una pluralità di posizioni di lavoro e non anche invece su base territoriale.
Inoltre, nei casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, l’onere del datore di lavoro di provare di aver adempiuto all’obbligo di repechage va assolto anche in riferimento a posizioni di lavoro inferiori, ove rientranti nel bagaglio professionale del lavoratore e compatibili con l’assetto organizzativo aziendale. Sul punto, il datore di lavoro, in conformità al principio di correttezza e buona fede nella esecuzione del contratto, è tenuto a prospettare al lavoratore la possibilità di un impiego in mansioni inferiori quale alternativa al licenziamento ed a fornire la relativa prova in giudizio;
- relativamente all’estensibilità o meno anche alle sanzioni conservative del principio secondo il quale in tutti i casi nei quali il comportamento sanzionatorio sia immediatamente percepibile dal lavoratore come illecito, perché contrario al c.d. minimo etico o a norme di rilevanza penale, non sia necessario provvedere all’affissione del codice disciplinare, è stata più volte data soluzione positiva dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione.
Si è in proposito rilevato che in tali casi il lavoratore ben può rendersi conto, anche al di là di una analitica predeterminazione dei comportamenti vietati e delle relative sanzioni da parte del codice disciplinare, della illiceità e gravità della propria condotta, anche qualora ne derivi l’irrogazione di un sanzione conservativa, dovendosi d’altro canto considerare che sarebbe contraddittorio affermare la sussistenza di un interesse del lavoratore ad essere previamente edotto della possibilità di essere destinatario di una sanzione conservativa per i detti comportamenti e negarla in presenza di sanzioni di carattere espulsivo, le quali sono ben più afflittive;
- il licenziamento intimato nel corso o al termine del periodo di prova, avendo natura discrezionale, non deve essere motivato, neppure in caso di contestazione in ordine alla valutazione della capacità e del comportamento professionale del lavoratore stesso, aggiungendo tuttavia che incombe sul lavoratore licenziato, che deduca in sede giurisdizionale la nullità di tale recesso, l’onere di provare, secondo la regola generale di cui all’ art. 2697 c.c., sia il positivo superamento del periodo di prova, sia che il recesso è stato determinato da un motivo illecito e quindi, estraneo alla funzione del patto di prova.
NOVITA’ LAVORO E PREVIDENZA
(Ministero del Lavoro, Decreto 24.07.2017 – Ministero del Lavoro, Circolare n. 4 del 26.07.2017 – Ministero del Lavoro, Nota n. 8376 del 25.09.2017 – INPS, Circolare n. 130 del 15.09.2017 – ANPAL, Sito Internet)
Continuiamo la disamina delle novità in relazione al rapporto di lavoro evidenziando i seguenti interventi:
- Il Ministero del Lavoro ha:
- determinato il contingente triennale 2017/2019 per l’ ingresso nel territorio nazionale di cittadini stranieri per la partecipazione a corsi di formazione professionale (7.500 unità) e tirocini formativi (7.500 unità);
- precisato la legittimità dell’ utilizzo, da parte delle imprese che svolgono attività di call center di un sistema informatico di gestione integrato e multicanale (cosiddetto “CRM” = Customer Relationship Management), in quanto lo stesso può essere considerato “uno strumento di lavoro”, ai sensi del comma 2 dell’art. 4 della L. n. 300/1970 non rappresentando uno strumento di potenziale controllo dell’attività dei lavoratori;
- chiarito che per determinare il superamento del limite annuo di €. 10.000,00, affinché assuma rilevanza penale l’ omissione del versamento delle ritenute previdenziali a carico dipendente, è necessario fare riferimento al periodo intercorrente dalla scadenza del primo versamento dell’anno contributivo dovuto relativo al mese di gennaio (16 febbraio) sino alla scadenza dell’ultimo relativo al mese di dicembre (16 gennaio dell’anno successivo).
- l’ INPS ha:
- illustrato i criteri di esame delle domande di accesso alle prestazioni garantite dal Fondo di Integrazione Salariale con specifico riferimento ai criteri per l’approvazione dei programmi di riorganizzazione e crisi aziendale e ai criteri per l’approvazione dell’assegno di solidarietà;
- fornito chiarimenti in merito alle prestazioni garantite dal Fondo di Integrazione Salariale;
- l’ ANPAL ha reso disponibile i chiarimenti in merito all’ incentivo occupazione giovani e all’ incentivo occupazione sud.
TUR
(BCE, Comunicato stampa del 07.09.2017)
La Banca Centrale Europea ha confermato il Tasso Ufficiale di Riferimento (TUR) allo 0,00%.
Pertanto, i tassi di rateazione e differimento rimangono al 6,00% e il tasso utilizzato per il calcolo delle sanzioni civili da INPS ed INAIL rimane al 5,50%.
COEFFICIENTE DI RIVALUTAZIONE DEL T.F.R.
L’ Istat ha reso noto il coefficiente di rivalutazione del trattamento di fine rapporto relativo al periodo dal 15.08.2017 al 14.09.2017. Il coefficiente è pari a 1,8225%.
Nell’augurarvi un buon lavoro, restiamo a Vostra disposizione per ogni ulteriore chiarimento in merito alla presente circolare.